Segar, con una nostra aguzza e lenta
lima, cauti, nel buio, con trabalzi
muti per un pestìo di piedi scalzi,
per un rauco sospir di sonnolenta
bocca, una sbarra di spiraglio: il varco
aprir fra spranga e spranga: annodar corda
di lenzuola, premendo in cor la sorda
paura: al nodo avviticchiarsi ad arco,
e giù: — toccar l’asfalto, il fresco incanto
della notte stellata a un tratto bere,
con tale ebrïetudin di piacere
che la dolcezza si tramuti in pianto:
poi, via: colla rapidità d’un topo
selvatico guizzar fra siepe e muro,
mettersi in salvo, finalmente, il duro
terren baciando per delizia….
E dopo?…